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Alessandro BONACCHI, 

I Longobardi nella pianura di Agliana ©

www.filologiaromanza.it    Pistoia   21.01.2023.

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Pistoia  21.01.2023.

Abstract

Alcuni nomi di luogo della pianura di Agliana testimoniano  la presenza dei Longobardi. Insieme ad Agliana,  anche Ferruccia, CarbulingaBineriaBerlicche, e Castel del Fabbro per altri motivi . Ricordano il dominio longobardo in questa zona.

Abstrakt

Einige Ortsnamen der Agliana-Ebene  zeugen von der Anwesenheit der Langobarden. Zusammen mit Hellana /Agliana sind auch Ferruccia, CarbulingaBineriaBerlicche, und Castel del Fabbro, sich aus anderen Gründen auf die langobordische Besatzungszone beziehen.©  

Abstrait 

C’est par des noms de lieu de la plaine d’Agliana que la présence des Lombards est témoignée. Avec Hellana /Agliana, Carbolinga, Bineria, Berlicche, le nom de lieu  Ferruccia et,  pour d’autres raisons Castel del Fabbro, rappellent  l’occupation de cet endroit par les Lombards. © 

I longobardi nella pianura di Agliana

Ai miei genitori

N. b.: il segno del colpo di glottide ‹Ɂ› indica l’interruzione della voce tipica delle lingue germaniche. L’abbreviazione mhd = medio alto tedesco; ahd = antico alto tedesco. 

La tavola Peutingeriana IV riporta Hellana, cioè Agliana, come uno dei luoghi rilevanti a metà strada tra Pistoia e Firenze; Hellana ha lo stesso secondo termine di composizione mhd (hege-) lān (LEXER 2000: s. v.  hege; s. v.  lān (‹concessione›) di Conegliano (Treviso), derivante da mhd Konig-lān, (‹re›-‹concessione›) divenuto in latino Conellan-um [koneʎan-um], dove il gruppo -ll-  diviene gl, come in Hellana > Hellana > Agliana,Il toponimo Hellana dunque indicava una amministrazione territoriale longobarda. Altra origine del toponimo Hellana è il mhd Halle (LEXER 2000 s. v.,  dove la vocale a diventa e come in Bakiz > Pescia ; Arcamone 1986: 404)., che indica una pianura aperta. L’etimo Halde è simile all’ ahd Halle e indica anche un luogo con boschi, che può essere più adatto come significato ad hege (boschetto), che indicherebbe anche il territorio nelle vicinanze del Montale. Il plurale Hellien sia per Hallen che  Hellen suona in latino come un aggettivale possessivo, cioè derivato dal padrone del terreno, con la desinenza -ana (ROHLFS 1967: §1092). Il derivativo da Allius (Schulze 1904:423-430) è improbabile, dato che Hellana sulla  Tabula ha  H iniziale

Inoltre non è un caso che i toponimi Bineria, Carbolinga, Ferruccia,  e anche  Castel del Fabbro per altri motivi, si trovino nel medesimo circondario. 

Una strada, che solo apparentemente non ha relazione con i Longobardi è via Palaia (< PĀLĀRĬA) vicino Agliana. La desinenza -ĀRIA (Rohlfs §1063. 1073) del toponimo fa pensare che un ‹boschetto da cui prendere pali› può esistere vicino Agliana, ma è sicuramente meglio pensare ad un cimitero longobardo, dove appunto i longobardi piantavano un’asta sulla tomba dei guerrieri: (perticae id est trabes, erectae steterant, quae ob hanc causam iuxta morem Langobardorum poni solebant: si quis enim in aliqua parte aut in bello aut quomodocumque extinctus fuisset, consanguinei eius intra sepulchra sua perticam figebant, in cuius summitate columbam ex ligno factam ponebant… (Paulus Diaconus,  Historia 34). 

A proposito di Palaia le persone più anziane raccontano una leggenda. C’era una volta un dottore che aveva fatto un patto con la morte. Il nome della morte era Palaia. Quando il dottore visitava un ammalato, guardava se c’era Palaia: se c’era, il medico prescriveva alcune medicine e faceva capire ai parenti che non c’erano alcune speranze e così accadeva il peggio. Se non c’era Palaia, il medico prescriveva un bicchier d’acqua e andava via; poiché il medico dava sempre delle certezze sulla salute degli ammalati, in breve divenne famoso e ricco. Per festeggiare il suo successo, il medico fece una festa e invitò tutti gli amici, ma tralasciò Palaia, perché pensava che il suo aspetto non convenisse alla festa. Mentre tutti erano felici, arrivo Palaia stesso per portare via il dottore punendolo per non avere invitato l’ospite scomodo. 

La leggenda richiama evidentemente il banchetto degli dei, dove la dea Eris, la Discordia, che non era stata invitata, buttò la mela d’oro tra le dee con la scritta alla più bella. La credenza popolare mette in evidenza la bravura del medico, ma il fatto principale in questo racconto è che il nome della morte Palaia è lo stesso del toponimo nella via vicino a Agliana. Il detto meglio Palaia! è ironico ma sicuramente si riferisce a questa leggenda, più che alla distruzione del borgo di Palaia nel XV secolo vicino a Pisa. 

Il significato di Palaia ‹palizzata› è meno appropriato di ‹cimitero di guerra›, poiché sarebbe senza senso fortificare con pali paesini come Palaia vicino a Pisa e altri, come via delle Palaie vicino a Casalguidi e altri ideatitici toponimi in altre zone d’Italia. 

Il paese di Ferruccia, a metà strada tra Pistoia e Prato, è diviso dal torrente Ombrone, un affluente dell’Arno, su due comuni, Quarrata sulla riva destra e Agliana sulla sinistra. Il torrente distingue anche due ambiti linguistici: Ombrone <*Imbronem e Quarrata < *Quadrata hanno un etimo latino; Agliana e Brana (ARCAMONE 1997: 9-28) derivano invece dal longobardo. (*Imbronem,  in latino è untorrente pluviale›; il cambio della vocale iniziale da i ad o si trova ad esempio in in Ombuto < Imbuto ). 

Repetti 2005: s. v. fa derivare il toponimo Ferruccia dalla omonima signora medievale di un testamento del 1385. Sarebbe tuttavia un caso isolato che questa signora abbia determinato un toponimo. In primo luogo Ferruccia è il femminile di Ferruccio (dal latino FERRUm, ‹ferro›), che è un nome augurale che poco si addice ad una donna. 

C’è anche da osservare che la chiesa parrocchiale è sulla riva destra del fiume, cioè nella zona latina, come si è visto. La diocesi di Pistoia comprende anche oggi Vignole e Agliana. Vignole faceva parte del comune di Tizzana, divenuto nel 1959 Comune di Quarrata. 

Per ritornare al toponimo Ferruccia, non è difficile dimostrare che questo paese era un avamposto longobardo, anche se queste osservazioni sembrano più ingegnose che solide. 

Il fondamento di questa teoria è in un manoscritto dell’archivio di Stato di Firenze (Passignano 23- 12 -1128 linea 7), dove si trova scritto in loco a la Ferruccia, ‹nella località  Ferruccia›. Identico toponimo Ferruccia si trova vicino Pàtrica (Frosinone); sulle Mainarde al confine tra Lazio e Abruzzi c’è Monte Ferruccia. Ferruzza vicino Fucecchio (Firenze) deriva sicuramente da Ferruccia, ma monna Ferruccia, non può aver dato il nome a un paesino a 50 km di distanza e ad altri nel Lazio. La derivazione è invece da cercare altrove. 

Riguardo a Pàtrica, è poco facile farlo derivare da PĂTRĬCĬA (Pàtricia), dato che la pronuncia latina metterebbe l’accento sulla sillaba -TRĬ- (Patrìcia); di PĂTRĬCĬA si trova anche anche la traslitterazione greca κάστρον Πατρικίᾱς (patrichìas), in cui l’accento è sulla sillaba -κί- (-chì), dato che in greco è accentato Ĭ di -CĬA a causa della vocale lunga ᾱ. Sulle Mainarde, vicino al Monte Ferruccia c’è anche Monte Mare, che prende nome da un termine ahd Mar, che potrebbe indicare, anche un acquitrino o uno stagno da qualche parte sulla montagna. L’etimo indica invece una linea di confine Mark > Marge («confine»; KUGEL 2002 s. v. Mark2) con i territori al di fuori del ducato longobardo. La stessa osservazione si può fare anche per il toponimo Maresca sull’Appennino pistoiese. È molto difficile che i toponimi visti derivino da monna Ferruccia di Repetti 2005: s. v., mentre tutti e tre si trovano in ambito longobardo. 

Pàtrica dunque trova la sua spiegazione in Pfat-ric (Lexer 2000: s. v. Pfad e s. v. Ric, «strada» e «palo, stanga»), che ha il perfetto corrispondente in «Palaia», cimitero longobardo o, meno probabile, « strada di pali». 

La frase In ecclesia sanctorum Iacobi et Philippi dictorum lo santo di mona Ferruccia (Archivio di Stato di Firenze, Pistoia, Vescovado, 1396 anno 15, Linea 2) significa: «nella chiesa dei santi Giacomo e Filippo, chiamati il santo di mona Ferruccia. Ciò significa che la chiesa e il santo sono la medesima cosa. Santo significa ‹chiesa› anche in un altro manoscritto:  1) Rofinus condam Iuncte olim Laççarini de Montemagno  civitatis pistoriensis … 9) …  Item voluit  et indicavit 10) sui corporis sepulturam apud ecclesiam sanctorum Iacobi et Filippi quae vocatur lo santo di 11) Mona Ferucia posite in territorio Vignolis … (Archivio di Stato di Firenze, Pistoia, Vescovado, 1385 dicembre 7: 1): «Rufino del fu Giunta Lazzarini di Monte magno, della città di Pistoia … 9) … volle e ordinò … 10) di essere seppellito presso la chiesa dei santi Filippo e Giacomo che si chiama il santo di 11) Mona Ferucia posto nel territorio di Vignole». 

È inoltre verosimile che Monna Ferruccia non sia mai esistita. 

Sancte / Sant / Sand (Lexer s. v. ) in mhd ha lo stesso significato del prestito latino SANCTUm, che nei manoscritti suddetti compare con il significato di chiesa, e fa capire il motivo per cui è stato costruito questo Santo di Monna Ferruccia. 

C’è da chiedersi in primo luogo se  lo santo di mona Ferruccia , come la  ecclesia S. Michaelis de Carpineto / Vignole (Repetti s. v. Carpineta; Vignole), dipendeva dalla parrocchia di Montemagno. Ferruccia comunquedipendeva dall’ ecclesia S. Michaelis de Carpineto / Vignole (SANTOLI 1956: Liber Focorum, A, VI, d: cappella S. Michaelis); (Passignano 23. 12. 1128). Anche la dedica della chiesa all’arcangelo Michele fa supporre non sia stata del tutto estranea a una conquista successiva longobarda sulla riva destra del fiume. 

È strano poi che il Santo di Monna Ferruccia sia stato costruito sotto l’argine dell’Ombrone con il rischio ricorrente di alluvioni sicure dopo la prima pioggerellina d’autunno. Con tutta probabilità i longobardi invasori hanno voluto ingraziarsi la popolazione costruendo una cappella che però doveva servire anche per i nobili longobardi, i quali erano però ariani, seguaci dell’eresia del prete Ario, che vedeva in Gesù Cristo più l’umanità che la divinità, anche se il celebrazioni e le chiese erano molto simili a quelle cattoliche (Cecchelli 1960: 752). 

Con tutta probabilità è stata fatta confusione tra il mhd Sant /sand che nella lingua romanza dell’epoca veniva inteso come Santo, mentre in longobardo significa sabbia, pietrisco, o meglio una lingua di terra all’asciutto sulla riva del fiume. Allo stesso modo le parole longobarde SantɁedelmenne foererich (Chiesa dei nobili di una ricca famiglia)venivano interpretate secondo la pronunzia latina [sant]ǝ[delemene] FerɁrīkaz /*Ferrīscia; ovviamente il popolo avrà capito «Sant(o) de la mene FerɁrīkaz /*Ferrīscia; intendendo con il tempo menǝ per monia, la munia, ovvero la monaca, che avrebbe avuto, molto improbabilmente, un eremo, come improbabilmente la monaca Ferruccia avrebbe dato il nome anche ad altri toponimi molto distanti, che invece, come la Ferruccia di Quarrata, derivano dal longobardo FerɁrīkaz, latinizzato e inteso successivamente sull’Ombrone come nome di monia Ferruccia ovvero monna Ferruccia. 

Fari (Francovich 2013: 77) è la tipica società-famiglia tedesca; un esempio nel pistoiese è VicoɁfaro: Vico (VĪCUm) in latino e significa «quartiere di una città», da cui anche l’aggettivo «vicinale», spesso attribuito una strada; faro è la latinizzazione del longobardo fari da cui derivano i numerosi toponimi Fara sparsi in tutta Italia (Fare Sabino, Vicentino e altri). 

Far(a)  dunque diventa Fer come  Bakiz > Pescia e aggiunge Rīkaz, che assieme diventano FerɁrīkaz, la cui consonante k in si trova in questo caso in iato con j determinando il suono [kj]; con la palatalizzazione di [kj] > c; secondo la pronunzia romanza, si ha il suono [k∫i], che diviene [∫i], cioè –sc-, come in Bakiz > Pescia e -cc- come in Peccioli (Arcamone1986: 404);  FerɁrīkaz quindi diviene *Ferrīscia, che non trova corrispondenti in latino; il solo Ferricula  di Du Cange s. v. diverrebbe Ferricchia nella sua evoluzione romanza. Siccome  Ferrīscia nella pronuncia romanza ha somiglianza con il latino FERRUm, il «ferro», per assonanza è facile mutare ī > u, per cui Ferriscia diviene Ferruscia e quindi Ferruccia. Il gruppo consonantico sc > cc muta allo stesso modo in Peccioli, derivante da Bakiz. Il significato di Ferruccia diviene quindi Ricca Famiglia o qualcosa di simile riferito alla nobiltà longobarda. Un etimo formato sul mhd  FerɁrüejen / rüegen potrebbe più semplicemente spiegare la desinenza –ccia, ma il significato inaccettabile sarebbe di Famiglia in navigazione. È vero che il paese è sul fiume, ma è altrettanto vero che una Famiglia longobarda non sarebbe nomade sul fiume. 

Sotto l’argine sinistro dell’Ombrone c’è il caseggiato Castel del Fabbro, costruito non casualmente su una pianta che richiama il castrum (*castellum) romano, che aveva ovviamente bisogno di lavorazione del ferro e di fabbri. Anche Quarrata < lat.  QUĂDRĀTA intende qualcosa inerente alla difesa militare, dato che l’accampamento romano era quadrato; si ricordi «quadrata Roma» di Ennio Annales 158. Una stranezza a cui ormai nessuno fa più caso è che il terreno sul lato destro dell’attuale Via Castel del Fabbro è visibilmente rialzato e lo era ancor di più quando era coltivato; l’ipotesi resterebbe solo indimostrata, ma questo rialzo potrebbe essere stato il «vallum» del fortino romano poi preso dai longobardi. 

Ci sono poi due due strade lungo l’Ombrone: sulla riva sinistra via Branaccia e sulla destra via di Brana. Il torrente Brana è però a qualche chilometro di distanza e ci si aspetterebbe che le strade si chiamassero con il nome del torrente Ombrone lungo il quale si trovano. Il fiume Brana, o Braina deidocumenti medievali (RAUTY 2003: 49) segnail confine dei territori longobardi, dato che deriva da an|rainen , cioè ‹confine› (DW 2021 s. v. ). La pronuncia romanza di anɁrainen  è amrainem, inteso come un accusativo a cui bisogna aggiungere l’articolo ‹illam› di cui ha già la seconda parte -am, e inserisce una b (ROHLFS 1967: 236, come camera > cambera) fraintendendo il tutto come   illam braina; l’articolo diviene il per il maschile e la per il femminile, come viene creduta braina > Brana. 

Il toponimo Bineria , un gruppo di case sulla strada omonima lungo l’autostrada A11, deriva da Binnen-rhin, tra due fiumi, ovvero la Brana e l’Ombrone. È molto facile latinizzare Binnen-rhin in Bineria di suono simile a BĪNUm (= bino, doppio)+erìa (Rohlfs §1115), che non ha alcun significato nel contesto e che anzi ultimamente è stato considerato come il «luogo dove stanno i Bini» ovvero famiglie di questo cognome che successivamente hanno dato realmente il nome alla località «Ponte dei Bini». Il suffisso -erìa è presente verso il X sec. prima in Francia e poi in Italia; tuttavia il suffisso riveduto dalla pronuncia latina non doveva essere -erìa, ma semplicemente -a, inteso sia come neutro plurale o come suffisso possessivo come per il toponimo «Marlia» (dal latino ‹terra Manlia›, cioè ‹di Man(i)lio› o ‹Terra Manlia› > ‹Mallia› > Marlia: la semplificazione ‹-nl› > -ll diventa -rl- e non -gl- per mutamento a causa del rotacismo, come in CĂPANNŬLAE > *Capannŭli > Capànnori.

Un altro termine longobardo nei pressi di Castel del Fabbro è Carbolinga (‹Carbulinga nella parlata locale) di cui esiste la via omonima; fino al 1970 era una distesa di campi coltivati; l’etimo è camerlenga , che poi ha aggiunto una b, (come in camera > cambera; ROHLFS 1967: §236),  divenendo camberlinga , terra data al  kamerlinc (Lexer s. v. ), un dignitario longobardo; carbelinga > Carbolinga subisce metatesi di  (ROHLFS 1967: §322).  

Sul fiume Brana, non lontano da Ferruccia, verso il Ponte dei Bini, c’è una strada e un ponte, chiamati ambedue di Berlicche. L’etimo risale al mhd Bär (Lexer 2000 s. v.; Francovich 1999:185) e *leik (Kluge 2002 s. v.  leihen), che ha semplicemente il significato di ‹spazio per gli orsi› o meglio ‹per animali selvatici›, come Bär può significare. BärɁlich (ahd Lexer s. v bär-lich, ber-lich) significa anche ‹spazio aperto›, indipendentemente dagli animali che vi si possono trovare. 

Berlicche nella letteratura è chiamato anche il diavolo, ma a nessuno mai tra gli abitanti della Ferruccia è venuto in mente di fare una simile identificazione; le persone di una certa età, addirittura si ricordano del soprannome di una persona Barlicco che non aveva nessun riferimento al diavolo. Sappiamo bene che il diavolo delle leggende ha costruito ponti in vari luoghi in cambio dell’anima della prima persona che vi passasse, come si racconta per il ‹Ponte del diavolo› a Borgo a Mozzano (Lucca), in realtà fatto costruire dalla contessa Matilde verso il 1300. Per il Ponte di Berlicche e per la via di Berlicche il diavolo ha poco spazio: non si intravede nessuna opera strabiliante e nessuna fatica notturna per mangiare al mattino l’anima di qualcuno che vi passava, perché il ponte, finché esisteva, era piccolo, data l’esigua larghezza della Brana, e non molto resistente, tanto che, trascinato via dall’acqua, attualmente è stato sostituito da un’impalcatura di ferro definitivamente provvisoria, stretta, e oltretutto di cattivo gusto. 

La spiegazione di BärɁ*leik > Berlicche è da individuare nel fatto che i longobardi prima di essere cattolici dopo la conversione della regina Teolodinda (∼570-628; B. T. 1967:43. 4), adoravano le divinità della natura (CAVANNA 1986: 369), in particolare lasciando spazi liberi (Tacito, Germania, 16, 1) in particolare per gli spiriti degli antenati. 

Con tutta probabilità, quindi si può individuare una contaminazione tra le idee longobarde sugli spazi liberi, gli antenati e il mondo dell’aldilà con gli inferi e il diavolo, ma questo è avvenuto fuori dal territorio del ponte e della via di Berlicche, dove nessuno mai ha avuto simili preoccupazioni. 

Dalle osservazioni fatte, dunque, possiamo trarre la conclusione che il terreno tra la Brana e l’Ombrone probabilmente fino alla confluenza del torrente Calice, era stato occupato dai longobardi che erano venuti dal ducato di Lucca attraverso la via Cassia e che hanno lasciato la loro impronta linguistica in vari toponimi, che, messi tutti a confronto, non sembrano casuali o frutto di ipotesi non dimostrata. Occorrerebbero prove storiche più precise per vedere quanto i longobardi hanno aspettato ad attraversare l’Ombrone per dirigersi verso Quarrata e verso il Montalbano, dove sicuramente non avevano gli stessi problemi con gli acquitrini tra Agliana e Prato. La via delle Palaie vicino Casalguidi fa pensare ad un primo stanziamento di là dal’Ombrone, o almeno ad una battaglia per la conquista dei nuovi territori, allora occupati ancora nominalmente dai Bizantini. 

Sarebbe interessante la conferma di qualche ritrovamento in loco, ma probabilmente, complice l’acqua delle alluvioni continue nella zona, e lo scarso interesse per un luogo ritenuto, a torto, di poca importanza, hanno determinato la scomparsa di quelle poche tracce che sicuramente ci sono, ma che è difficile trovare. 

Bibliografia

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À citer: 

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Alessandro BONACCHI, 

Die Langobarden in der Agliana-Ebene ©

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